In copertina: foto d’archivio del Rifugio Jervis, realizzata da Francesco Sisti e caricata su Flickr.

«Un inverno 2023-2024 che in extremis ha portato accumuli nevosi davvero considerevoli pressoché su tutto l’arco alpino piemontese, dopo il trimestre meteorologico dicembre-febbraio più caldo dall’inizio delle rilevazioni». Parole di Andrea Vuolo, meteorologo e giornalista Rai, il volto del meteo in Piemonte, che sulla sua seguitissima pagina Facebook ha commentato così le precipitazioni dell’ultimo fine settimana. La prima decade di marzo, infatti, ha conciso con fitte piogge e copiose nevicate su tutta la regione, al punto da portare il Piemonte a passare dall’emergenza siccità a febbraio (sic!) al rischio valanghe.

È un effetto del cambiamento climatico? Probabilmente sì, perché l’instabilità climatica ha oramai trasformato le stagioni più o meno piovose in una alternanza di eventi estremi, dalla siccità «fuori stagione» alle precipitazioni intense e concentrate in pochi giorni. Si attendono, ora, le misurazioni degli istituti preposti a questa funzione, che potranno stimare quante riserve idriche si sono accumulate negli ultimi giorni. Tuttavia, è molto facile ipotizzare che almeno per tutta la primavera dovremmo essere tranquilli. E poi?

E poi, se nei prossimi mesi non pioverà, torneremo a parlare di siccità ed emergenza. Con le elezioni regionali in arrivo (si vota l’8 e il 9 giugno, anche per le europee e le amministrative in diversi comuni), il rischio è che la questione idrica passi per l’ennesima volta in secondo piano, perché ha piovuto e nevicato tanto, quindi le falde sono piene. È vero, probabilmente sono piene, ma non dobbiamo abbassare la guardia, perché gli ultimi dieci giorni sono solo una conferma del cambiamento climatico oramai già avvenuto, senza possibilità di prevedere se e come cambierà ancora.

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