Mio caro Ludovico,
auspico che questa lettera ti trovi bene, che trovi bene anche tua moglie Eloisa e i tuoi figli Gilberto, Eusebio e Clotilde. Sono a scriverti per aggiornarti sullo stato dei lavori alla palazzina, che risulta ancora gravemente danneggiata nella sua parte più esterna, che affaccia lungo il viale, ma che per fortuna divina risulta ben solida nella sua struttura portante. Per questo l’ingegnere ha ritenuto di non procedere con lavori di ristrutturazione delle colonne portanti bensì di concentrare il suo intervento negli aspetti più visibili, così da restituire in brevissimo tempo i fasti che più si confanno alla nostra famiglia.
Una volta recuperati gli stucchi e i fregi della facciata, grazie alle carte progettuali che nostro nonno ha saggiamente conservato nel nostro casolare del Monferrato, potremo dedicarci agli interni con la calma adeguata alle necessità di ripartenza di cui abbisogniamo. In proposito mi permetto di suggerirti alcuni cambiamenti che potremmo introdurre approfittando del cantiere, come ad esempio la riduzione dell’ampio salone delle feste, che non abbiamo mai utilizzato, per ricavarne due saloni più piccoli, uno più grande da utilizzare per le cene e l’altro più riservato per le riunioni. Potremmo così meglio gestire le nostre attività e in particolare i rapporti con le altre famiglie della città. Ma vorrei parlartene non appena farete ritorno dalla nostra residenza di Pieve.
Mentre attendo il tuo resoconto della visita del Presidente Woodrow Wilson a Genova, sono ansioso di donarti queste pagine con il mio, perciò perdonami se non attendo la tua lettera prima di scriverti nuovamente. Il sindaco ha tenuto particolarmente a invitare me e Clara in rappresentanza della nostra famiglia, cosicché abbiamo deciso di affidare Roberto e Caterina alla cara Elisabetta, che ha a lungo servito la nostra famiglia e abbiamo fortunatamente ritrovato due mesi fa, come sai. La decisione ha sancito il suo rientro in servizio, era molto provata dagli ultimi anni e necessitava di un impiego. Ci siamo quindi piacevolmente recati in Municipio, due giorni fa, per accogliere il Presidente, che è giunto ieri da Milano passando per Santhià ed ha potuto partecipare a un grande ricevimento che ha ricordato i momenti più cari del passato. Non avevo mai ammirato un Municipio così pulito, persino il giornale ha scritto che uno splendore così non si era mai visto e per una volta aveva ragione. Ne hanno fatto lavare gli esterni per un giorno intero.
Ho potuto stringere la mano al presidente, prima di un altro ricevimento, ancora più fastoso, alla Filarmonica. Anche lì, per fortuna, siamo stati invitati, segno che la nostra famiglia fa ancora parte del consesso dei nomi più in vista della città. Penso che la visita del presidente abbia riportato quell’entusiasmo sopito dal gas nervino degli austriaci, che tanti nostri concittadini ha seppellito lungo le Alpi. Purtroppo non ho potuto parlare con lui, ma gli ho solo porto i saluti della famiglia, lui ha sorriso e mi ha ringraziato. Mi è comunque stato molto utile per recuperare entusiasmo e riallacciare vecchi rapporti, che negli scorsi anni si erano diradati, com’era inevitabile, anche per via del nostro spostamento nel Monferrato.
Il Presidente Wilson si è poi concesso un divertente intermezzo affacciandosi dal balcone di piazza San Carlo, dove lo attendeva una folla festante e riconoscente per l’aiuto che gli Stati Uniti d’America hanno portato al nostro Paese. Un aiuto che ci consente, oggi, di essere liberi, felici, vivi. Tanti di noi, oggi, non ci sono più, ma è anche per loro che il Presidente ha deciso di fare questo importante viaggio nel Regno, ed è per questo che la nostra famiglia deve tornare grande e fare grande Torino.
Ti saluto con affetto e ti mando questa foto, scattata da un amico al quale ho chiesto di svilupparla velocemente, così da renderti partecipe di questo epocale momento per la nostra città.
In attesa di vederti, ti abbraccio
Casimiro
Torino, 8 gennaio 1919
La foto in copertina è tratta dal gruppo “Torino sparita” su Facebook.