Diverse volte, leggendo i suoi libri e soprattutto la quadrilogia de L’amica geniale, mi sono chiesto da dove arrivasse quella scrittura così realistica, eppure chiaramente romanzata, ma in grado di afferrare il lettore dall’interno. Ne I margini e il dettato (edizioni E/O), Elena Ferrante certo non risponde a questa domanda, ma offre uno spiraglio per comprendere. Il libro è composto da quattro testi: tre lectio magistralis destinate al pubblico di Bologna e un saggio per il convegno degli italianisti su Dante e altri classici. Al tempo stesso, l’autrice rivolge al pubblico una chiamata contro la «lingua cattiva» che storicamente è estranea alle verità delle donne.
Il volume si legge velocemente, senza intoppi, ed è interessante, immergendosi nella lettura di questo piccolo libretto, approfondire i riferimenti letterari di Elena Ferrante. Attraverso volumi, citazioni e parafrasi si arriva a Virginia Woolf e soprattutto a Gertrude Stein. Possiamo fare la conoscenza della giovanissima Elena, della bambina che cerca di scrivere nei margini a scuola, della giovane ragazza, della scrittrice alle prime armi, della donna adulta. C’è un punto di vista femminile estremamente attuale, autocritico, illuminante. Elena Ferrante costruisce un’architettura letteraria dietro la quale si rifugia pur senza negarsi. Lascia parlare i libri, la scrittura stessa.
Così facciamo la conoscenza dei due tipi di scrittura: quella più istintiva e più violenta; quella più ragionata e più costruita. Sono due modalità di espressione che si ritrovano, probabilmente, in tutte le persone che amano scrivere e fra le quali si deve costruire un delicato equilibrio, nel quale non necessariamente le due scritture devono godere di identico spazio. Così capiamo di non essere poi tanto distanti, noi lettori e lei autrice, perché nel suo retroterra culturale – fatto comunque di una competenza letteraria smisurata – possiamo ritrovare anche qualcosa di nostro.
Non c’è, per fortuna, la tentazione di elevarsi a riferimento culturale, ma la più semplice constatazione di vizi e punti di forza. L’autrice ne approfitta per ripercorrere alcuni passaggi creativi dei suoi romanzi, come I giorni dell’abbandono o Amore molesto, fino a L’amica geniale, per raccontarci alcuni suoi dubbi, alcune decisioni. Ci si avvicina a Elena Ferrante pur senza conoscerne la reale identità, un paradosso facilmente aggirabile: basta pensare che l’autrice si stia confidando a pochissimi metri di distanza da noi, ma con una libreria in mezzo.